È singolare, anche se psicologicamente comprensibile, che Brahms – autore di due Sestetti, di due Quartetti con pianoforte e di un Quintetto con pianoforte – abbia rimandato per vent’anni la creazione di un Quartetto per archi: colpa di un’eredità impegnativa («Non potete immaginare cosa si provi a sentire i passi di un gigante come Beethoven dietro le proprie spalle») e di una formula musicale, quella del quartetto d’archi, da sempre ritenuta la più difficile ed aristocratica: d’altronde Brahms era ben consapevole che anche Beethoven fosse giunto all’età di trent’anni prima di aver osato affrontare, con l’Op.18, il «fantasma» del quartetto. Si ha notizia di un’opera giovanile (ascoltata perfino da Schumann) che fu distrutta dall’autore, insoddisfatto e poco convinto; dopo questo esperimento degli anni ‘50, si contano soltanto progetti, abbozzi e rimaneggiamenti: decine di tentativi travolti da dubbi e insicurezza. Per anni le difficoltà – oggettive e psicologiche – ebbero il sopravvento sulla volontà creativa; e questo nonostante le continue richieste dell’editore Simrock, gli affettuosi consigli dell’amico Joachim e l’incoraggiamento di Clara Schumann: vent’anni di attese, di impegno e di ripensamenti.
tratto da “Brahms. Signori, il catalogo è questo!” di A. Poggi E.Vallora